Recensione del libro “Contro lo Zucchero” di Gary Taubes
Un libro impegnativo, denso di riferimenti storici. Più per un addetto ai lavori … per un nutrizionista.
E’ un “must” per chiunque voglia veramente approfondire la storia della nutrizione per capire come le linee guida e le idee che abbiamo sul cibo possano essere plasmate dal marketing camuffato da scienza.
By permission del Fatto Alimentare ©
“Contro lo zucchero”, il libro-verità che racconta come l’industria ha ingannato per anni i consumatori
“Contro lo zucchero” di Gary Taubes (Sonzogno, 2017) è un libro che si inserisce a buon titolo tra i migliori testi divulgativi sull’argomento degli ultimi 50 anni, accanto a “Puro bianco ma nocivo” di John Yudkin (1972). L’autore è un giornalista scientifico che ha potuto dedicare anni a questo lavoro grazie a un lauto finanziamento da parte della Robert Wood Foundation per un progetto di ricerca nel campo della politica della salute. L’opera è un capolavoro di giornalismo investigativo e potete trovarla in molte librerie nel reparto dedicato ai libri di nutrizione accanto a decine di testi spazzatura.
Si tratta di un libro impegnativo che dovrebbe essere letto da tutti i “nutrizionisti”, i ricercatori che si interessano di obesità o di salute pubblica, nonché gli studiosi della storia della medicina. Racconta la storia dello zucchero bianco, o meglio di come l’industria dello zucchero e le aziende alimentari che lo usano in grande quantità (Coca-Cola, PepsiCo ecc…) siano riuscite in pochissimo tempo, alla fine degli anni ’70, a far dimenticare che lo zucchero rappresenta un problema grave per la salute della popolazione mondiale.
Taubes racconta che negli anni ’60 nella comunità scientifica (in riviste mediche come il British Medical Journal e il Lancet) c’era stato un ampio dibattito sulle cause delle malattie cardiovascolari (CVD). Da un lato c’era un gruppo di scienziati capeggiato ad Ancel Keys, scopritore della dieta mediterranea, che riteneva il colesterolo e gli acidi grassi saturi responsabili dell’epidemia delle CVD. Dall’altra parte della barricata c’era un gruppo di esperti (il più famoso era John Yudkin) che sosteneva invece il ruolo causale dello zucchero bianco nel determinare sia le CVD, sia altre malattie come l’obesità, la carie e i tumori.
Come è andata a finire è noto: siamo tutti figli della cultura del colesterolo, e ancora oggi praticamente tutti, quando si recano dal medico curante, chiedono informazioni su come tenerne sotto controllo i livelli. Non sappiamo invece come sia potuto succedere che lo zucchero bianco sia stato “dimenticato”. A questo proposito, Taubes ci spiega in maniera molto dettagliata (quasi 50 pagine di referenze bibliografiche) come sia stato possibile manipolare la cultura scientifica mondiale e di conseguenza la percezione della popolazione generale riguardo allo zucchero. Raccontiamo alcuni episodi.
Nel 1975, negli USA in soli due anni il consumo di zucchero bianco era passato da 46 a 40 kg procapite all’anno. La Sugar Association (sponsorizzata da Coca-Cola, General Food, General Mills, Nabisco, PepsiCo, Mars, M&Ms e altre industrie), allarmata da questa diminuzione dei consumi, si rivolse a una prestigiosa agenzia di pubbliche relazioni (Carl Byoir & Ass.) perché plasmasse l’opinione pubblica e fugasse ogni dubbio sulla sicurezza dello zucchero. Il successo fu così clamoroso che ancora oggi l’industria raccoglie i frutti di quel gigantesco plagio culturale.
Per raggiungere tale risultato, innanzitutto è stata istituita una commissione di esperti “indipendenti” (FNAC) composta da figure autorevoli nel campo della medicina, nutrizione e odontoiatria, tutti disposti a difendere lo zucchero agli occhi del pubblico. In quel tempo ancora si discuteva su quali fossero le cause delle malattie cardiovascolari: i grassi o lo zucchero? L’industria colse la palla al balzo e cooptò all’interno dello FNAC solo accademici sostenitori della teoria lipidica (colesterolo) come causa delle CVD: Francisco Grande del gruppo di Keys (Università del Minnesota, finanziato dall’industria dello zucchero sin dagli anni 40), oltre a William Connor, Edwin Bierman e Fred Stare, convinti sostenitori della teoria secondo cui colesterolo e acidi grassi saturi sarebbero la causa delle CVD.
Fred Stare era stato il fondatore e a lungo direttore del prestigioso Dipartimento di nutrizione alla Harvard School of Public Health, finanziato dall’industria dello zucchero sin dagli anni ’40. Negli anni ’50, oltre 30 pubblicazioni di Stare erano state finanziate dall’International Sugar Research Foundation. Milioni di dollari hanno continuato ad arrivare al Dipartimento di nutrizione di Harvard per tutti gli anni ’60 da parte dell’industria saccarifera, dalla Coca-Cola, dalla PepsiCo, dalla National Soft Drink Association e dalla National Confectioners Association.
Lo scienziato è stato usato come uomo immagine e autorevole testimonial in programmi periodici alla Tv nazionale e alla radio (200 emittenti in tutta l’America) per demolire pubblicamente le tesi contro lo zucchero. Gli enormi conflitti di interesse di Stare sono stati tenuti ovviamente nascosti e solo recentemente siamo venuti a sapere che tutte le comparsate sui media dello scienziato erano interamente comperate e pagate dall’industria dello zucchero.
Un’altra strategia dell’agenzia di pubbliche relazioni Carl Byoir fu la promozione della pubblicazione “Sugar in the Diet of Man” (“Lo zucchero nella dieta dell’uomo”), che avrebbe condizionato la cultura, i successivi rapporti dell’Fda e le linee guida Americane per una sana alimentazione del 1980 (Usda). Anche le linee guida per l’alimentazione inglese del 1989 contavano tra i membri del comitato redattore (Coma) scienziati importanti, come Harry Keen, che erano stati finanziati per le loro ricerche dall’industria dello zucchero per tutti gli anni ’70. Ci fermiamo qui nella speranza di aver incuriosito il lettore.
Nonostante l’OMS abbia le idee molto chiare sul ruolo dello zucchero (o zuccheri aggiunti nella dieta) nel determinare problemi come l’obesità e la carie, ancor oggi in Italia diversi nutrizionisti continuano a rilasciare interviste equivoche in cui sostengono l’idea che “il cervello ha bisogno di zucchero”, una pubblicità culturalmente ingannevole lanciata dall’Eridania oltre 30 anni fa (in realtà il fabbisogno di zucchero nell’alimentazione dell’uomo è di ZERO grammi al giorno!). In queste interviste che possiamo trovare in rete sui siti dell’Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane (Aidepi) si nega o si glissa sul ruolo dello zucchero bianco nel causare la carie e nel favorire l’obesità.
La storia dello zucchero deve essere un esempio per imporre un’etica di trasparenza anche per il nostro paese. Non è accettabile che ancor oggi nutrizionisti che partecipano a commissioni governative, stesura di linee guida, interviste su carta stampata, web, Tv, omettano di dichiarare i loro conflitti di interesse.
“Contro lo Zucchero” di Gary Taubes. Edizioni Sonzogno (2017)
L’autore dichiara di non aver conflitti di interesse.
Miei commenti a fine articolo sul Fatto Alimentare
Infatti non è così. Avevano ragione entrambe sia Ancel keys che John Yudking! Ma ognuno dei due scienziati si era scagliato contro l’altro sostenendo la propria idea contro la tesi dell’avversario. Alla fine ha vinto Keys e l’industria dello zucchero riuscendo a polarizzare tutta l’attenzione della comunità scientifica e dell’opinione pubblica sul colesterolo-acidi grassi saturi e facendo dimenticare tutti i problemi associati ad un eccesso di saccarosio (zucchero da tavola).
Immagine: Max Pixel
ANTONIO PRATESI
E’ culturalmente ingannevole far credere che il 10% degli zuccheri aggiunti fissato come TETTO MASSIMO dalla WHO sia il FABBISOGNO giornaliero! Questo è un argomento usato in Italia da alcuni galoppini dell’industria alimentare (divulgatori alla Fred Stare).
In realtà la WHO dice di contenere gli zuccheri al di sotto del 10% e idealmente del 5% delle calorie giornaliere: in pratica se usiamo miele e succhi di frutta, la quantità di zucchero bianco che possiamo introdurre rasenta lo zero. Infatti il fabbisogno di zucchero bianco o di canna, che sono la stessa cosa, è di ZERO grammi al giorno e meno ne introduciamo meglio è! Ad es. per la salute dei nostri denti.