Dieta la ZONA versus dieta MEDITERRANEA
By permission del Fatto Alimentare©
Dieta Zona: il dibattito continua interviene il presidente di Enervit su alcuni punti, ma non c’è accordo su calorie, proteine e dieta mediterranea
Dopo la pubblicazione dell’ultimo articolo sulla dieta Zona di Antonio Pratesi, abbiamo ricevuto una lettera da parte da Alberto Sorbini, presidente di Enervit, un’azienda specializzata nella produzione di integratori alimentari. A seguito di ogni punto evidenziato da Sorbini riportiamo la risposta del nutrizionista Antonio Pratesi, autore dell’articolo.
Scrive Alberto Sorbini, presidente Enervit S.p.A. In merito ad alcune affermazioni che ho letto sull’articolo “Il Fatto Alimentare.it” del 26 maggio dal titolo “La dieta Zona, un regime dietetico sbilanciato che da 20 anni limita (o demonizza) i carboidrati è diventata Mediterranea”. non sono d’accordo su alcuni punti: non si può certo definire la zona come una “fad diet” se non altro perché non promette un dimagrimento rapido; l’obiettivo primo della zona, del resto, non è il dimagrimento, quello di ridurre lo stato infiammatorio dell’organismo.
Risponde Antonio Pratesi: “La dieta zona è una “fad diet” (dieta alla moda) e paragonata ad altre diete non risulta tra le migliori. Le peggiori in assoluto sono la Paleo diet (a pari merito con la Dukan) verso cui Sears dimostra una certa simpatia anche se la definisce difficile da seguire. Le “fad diet” non sono solo quelle che promettono dimagramento rapido ma anche quelle che promuovono l’uso di supplementi o alimenti salutari (in questo caso si consiglia l’uso di pillole EnerZona Ѡ3; cracker, grissini, pasta, chips 40 30 30 EnerZona della Enervit) o che eliminano dalla dieta certi gruppi alimentari senza una seria e reale motivazione (in questo caso si eliminano quasi tutti i cereali).”
Alberto Sorbini: la definizione di dieta mediterranea nasce dagli studi di Ancel Keys, il quale faceva riferimento all’alimentazione che gli abitanti del Cilento e di Creta seguivano negli anni ’60 e che avevano seguito negli anni precedenti; non è vero, dunque, che la dieta mediterranea originale fosse ricca di pasta e di pizza, alimenti che a Creta non erano consumati;
Pratesi: “Si conviene che la dieta mediterranea riconosciuta nel 2010 dall’UNESCO abbia un 55-60% dell’energia da carboidrati, 10-15% da Proteine e 25-30% da grassi. Ci possono essere diverse varianti di dieta mediterranea. Il “7 country study”primo studio di Keys che ha reso famosa la dieta mediterranea in realtà non ha raccolto dati di popolazioni del sud Italia. I paesi oggetto dello studio erano Crevalcore (40 km sopra Bologna) Montegiorgio (80 km sotto Ancona) e personale ferroviario di Roma. Ogni persona mangiava giornalmente in media 317 g di pane, circa 144 g di pasta, carne 155 g, latte 133 g, frutta solo 123 g. I grassi aggiunti (per lo più olio di oliva) erano 57 g, il consumo di alcol era molto elevato (69 g pari a 483 kcal = vino 600 ml). Corfù e Creta (Grecia) sono le altre due località mediterranee studiate da Keys. Il pane assunto era in media 415 g al giorno, patate 170 g, legumi 30 g, frutta 463 g mentre i grassi aggiunti (olio) erano 75 g. Effettivamente combinando i dati di Grecia e Italia nel “7 country study” emerge un quadro che è diverso da quello che oggi consideriamo dieta mediterranea. La dieta della popolazione di Nicotera (Calabria) era stata analizzata per partecipare allo studio di Keys ma per mancanza di fondi alla fine venne esclusa. Questi dati furono successivamente utilizzati in altri studi come prototipo di dieta mediterranea. In media ogni giorno si introducevano procapite 400 g di cereali, 300 g di vegetali, 82 g di frutta, 41 g di legumi, 38 g di olio, carne-pesce-uova-formaggio in quantità molto piccole (poche decine di grammi). Vino: 119 ml. (circa 58% di calorie da carboidrati)”
Alberto Sorbini: È antistorico e ascientifico sostenere – come in pratica si fa nell’articolo – che sbaglia chi va contro quello che affermano gli enti nazionali e internazionali che si occupano di un certo argomento (in questo caso quelli che si occupano di salute), dato che la maggior parte dei progressi scientifici nasce in opposizione a quanto è stato affermato dai più fino a quel momento; per quanto le linee guida degli enti scientifici – per loro stessa natura – abbiano la caratteristica di cambiare lentamente, negli ultimi anni alcuni di questi enti le hanno aggiornate: in casi non rari con un netto avvicinamento a quanto afferma la zona;
Pratesi: “È vero, i progressi nel campo della scienza avvengono con una rottura con quanto si credeva in precedenza. Però l’alimentazione è come una medicina che ha effetti sulla salute delle persone. La dieta può promuovere malattie come tumori, infarto del cuore, ictus, obesità, diabete… Le evidenze che noi abbiamo sull’importanza dell’indice e carico glicemico non sono sufficienti per dare delle indicazioni alla popolazione generale! Le nuove ipotesi (ad es. carboidrati ad alto indice/carico glicemico che causano l’infiammazione) vanno testate con studi longitudinali prospettici PRIMA di proporle direttamente alla popolazione generale, perché potrebbe essere pericoloso.Quali sono le conseguenze della dieta la zona sulla salute nel lungo termine? O più semplicemente cosa succede se si propone ad un giovane che consuma 2500-3000 kcal una dieta di sole 1400 kcal come “stile di vita”? Una dieta di questo genere può indurre i giovani a trasgredire e ad abbuffarsi? Può favorire l’insorgere di un disturbo del comportamento alimentare? E’ adeguato nella dieta la zona l’apporto di micronutrienti?”
Alberto Sorbini: Barry Sears fa riferimento nei suoi libri a decine di pubblicazioni uscite sulle più importanti riviste scientifiche internazionali; anche molti degli scienziati coinvolti in quelle ricerche vanno contro le linee guida di quegli enti.
Pratesi: “Questo è il normale modo di procedere in ambito scientifico, si testa e si mette in discussione tutto! Quando le evidenze saranno consistenti, cambieranno le linee guida e si potranno proporre questi cambiamenti anche alla popolazione generale. Meglio evitare di inventarsi diete a scopo commerciale che ignorano le linee guida. Si può sperimentare una nuova terapia o dieta in casi disperati o in situazioni compassionevoli quando non c’è più speranza, ma non si può proporre una nuova teoria – anche se basata su studi suggestivi – che induca chiunque a modificare le proprie abitudini alimentari.”
Alberto Sorbini: Barry Sears non si oppone all’utilizzo dei carboidrati; sostiene anzi che è necessario assumerne una certa quantità in ogni pasto e in ogni spuntino; si oppone semmai all’eccesso di carboidrati ad alto indice glicemico;
Pratesi: “Cito alcuni passaggi del libro sulla Dieta Zona, a pag 25: ”Iniziate eliminando cereali e amidi dall’alimentazione. Se ciò non è sufficiente… (ad eliminare il senso di fame o perdere peso) togliete frutta e legumi… Resteranno solo gli ortaggi non amidacei e a basso carico glicemico quale fonte primaria di carboidrati. Pag 51: “le verdure da evitare sono: le carote (soprattutto cotte), le patate, i piselli, la barbabietola e i legumi; per la frutta … per coloro che desiderano perdere massa grassa (da evitare banane, anguria, melone, uva)”. Quindi si propone la verdura come fonte primaria di carboidrati! Queste sono indicazioni che limitano (o demonizzano) fortemente i carboidrati.”
Alberto Sorbini: Nell’articolo si afferma che secondo la dietologia classica ci sono zuccheri semplici e complessi; oggi, grazie alle ricerche degli anni ’80 di David Jenkins (e, forse, per lo meno in piccola parte, grazie a Barry Sears) a livello della maggior parte degli enti internazionali e nazionali che si occupano di alimentazione, non si ritiene che abbia senso parlare di carboidrati semplici e complessi; non è pensabile che oggi in una rivista scientifica internazionale si usi questa terminologia quando si parla degli effetti dei carboidrati sull’organismo.
Pratesi: “Certo, quando si parla degli effetti dei carboidrati sull’organismo. Ad esempio nei diabetici si computano tutti i carboidrati del pasto (zuccheri semplici e complessi) per adeguare l’insulina. Però è importante anche conoscere l’ABC della dietetica per capire cosa influenza il carico glicemico e cosa è meglio mangiare. Ad es. esistono gli zuccheri semplici DA LIMITARE che sono quelli “extrinsic” che aggiungiamo ai cibi (aranciata, snack). E gli zuccheri semplici all’interno delle cellule della frutta (“intrinsic”) e verdura di cui non dobbiamo avere paura a meno che non si abbia il diabete. Poi ci sono gli amidi compatti come la pasta italiana di semola di grano duro, cotta al dente che alza la glicemia nel sangue lentamente. Quando poi il pane o la pasta non vengono mangiati subito gli amidi possono cristallizzare e trasformarsi in “resistant starch” che si comportano come fibra alimentare e questo ha un effetto sul carico glicemico…
Nel libro di Sears non vengono fatte queste distinzioni, si parla di carboidrati in generale e di carico glicemico. Sears dice che le linee guida americane degli anni 90 hanno diminuito i grassi per favorire i carboidrati (amidi, legumi e cereali) ed hanno portato ad una esplosione del problema obesità. E – continua Sears – il governo italiano oggi sta dando le stesse indicazioni. La storia degli “americani che sono ingrassati riducendo i grassi” forse si può spiegare molto bene con il fatto che i grassi sono stati sostituiti non con legumi e cereali (ad es. riso, pasta o pane che si debbono masticare) ma con ZUCCHERI SEMPLICI (saccarosio, sciroppo di fruttosio, glucosio)! Negli USA introducono procapite dalle 200 alle 300 kcal al giorno da zuccheri aggiunti. Quale sarebbe la prevalenza di obesità (che causa infiammazione) se ad esempio, bevessero solo acqua e non avessero nel cibo tutti questi zuccheri? Ecco perché è importante distinguere gli zuccheri semplici dai complessi!”
2 Commenti
Pasquale
Non so se qualcuno di voi ha mai visto Barry Sears dal vivo. E’ molto alto, ma fortemente in sovrappeso!!
ezio
Un poco di prudenza per tutti non guasterebbe.
Continuare a parlare e propinare diete più o meno alla moda è un errore per la salute.
I principi più validi sono da ricavare dagli stili di vita tradizionali ultramillenari, che hanno plasmato il nostro DNA e che sono verificati nonostante le evidenti prove scientifiche moderne.
E’ vero che negli ultimi cent’anni è cambiato lo stile di vita di molti abitanti della terra, ma i cambiamenti genetici adattivi sono molto lenti ed occorre essere prudenti.
Quindi non si può parlare di diete trasversali da esportare e questo vale sia per la Mediterranea, sia per la Zona.
La controversia sui carboidrati è inutile, se non si parte dalla categoria cereali, che nessuno si preoccupa di considerare primario ed essenziale il consumo nella forma integrale, come lo è stato fin dalle origini.
Per gli altri carboidrati da frutta e verdura, nulla è cambiato nei millenni, quindi il problema non si pone se non si eccede nel consumo e nella concentrazione.
Per la questione grassi, tutto dipende dal clima e non da disquisizioni scientifiche matematiche: al freddo e per lavori gravosi serve un alto consumo, per climi caldi il loro consumo è dannoso e richiama la necessità del climatizzatore.
La questione proteine, segue in parte quella dei grassi, ma fondamentalmente è un problema di conservazione muscolare, che a parte il minimo indispensabile per crescere e mantenere intatte le strutture fondamentali come il cuore, per il resto seguono le esigenze dello stile di vita.
Chi brucia muscoli li deve reintegrare, chi sta seduto ed eccede nel consumo, come gli americani ed ultimamente anche noi europei, facciamo danni su danni.
La sintesi è complessa e varigata e non è una dieta.