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Dopo aver parlato delle 3 figure professionali cui possiamo rivolgerci per avere indicazioni dietetiche, ho avuto il piacere di intervistate non solo il presidente dell’ADI ma anche la Dr.ssa Erminia Troiano presidente ANDID (Associazione Nazionale Dietisti).

Dietologo, dietista o nutrizionista: continua il dibattito con l’intervista ad Ersilia Troiano, presidente dell’ANDID

By permission del Fatto Alimentare ©

Continua il dibattito sulle figure legate al mondo della nutrizione. Dopo l’intervento di Antonio Caretto, presidente dell’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI), e l’intervista a Pierluigi Pecoraro, biologo nutrizionista e consigliere dell’Ordine dei Biologi, abbiamo raccolto la testimonianza di Ersilia Troiano, Presidente dell’Associazione Nazionale Dietisti (ANDID).

Da quanti anni esiste in Italia la figura sanitaria del dietista e quali sono i suoi compiti?

La figura professionale del dietista è nata in Italia almeno 50 anni fa. E’ l’operatore sanitario laureato “competente per tutte le attività finalizzate alla corretta applicazione della alimentazione e della nutrizione”. “In salute o in malattia”, dunque, si occupa dell’alimentazione dei singoli e della collettività, anche in ambito di formazione, educazione e ricerca. La laurea triennale è il titolo che abilita alla professione: un percorso formativo altamente specifico e professionalizzante (sono previste 1500 ore di tirocinio) al termine del quale, attraverso un esame di stato, vengono verificate le competenze acquisite. Dopo la Laurea in Dietistica è possibile conseguire la Laurea specialistica, accedere a Master o a Dottorati di ricerca.

Negli ultimi venti anni la figura del dietista è stata interessata da un forte cambiamento normativo, con il Decreto Ministeriale n. 744/1994, che ne ha istituito il profilo professionale (ovvero cosa fa e in quali ambiti può svolgere la propria professione), e la Legge n. 42/99, che ha “ribattezzato” professioni sanitarie le allora “professioni sanitarie ausiliarie” e ne ha definito il campo proprio di attività e responsabilità, sulla base di tre criteri: profilo professionale, formazione ricevuta (con l’unico limite delle competenze previste per la professione medica) e codice deontologico.

In quali contesti professionali operano prevalentemente i Dietisti in Italia?

 Nel Sistema Sanitario Nazionale, in studi privati ed associati, strutture sanitarie e ambulatori. L’ambito clinico è quello in cui sono coinvolti la maggior parte dei dietisti operanti sul territorio nazionale e nel quale, storicamente, hanno sempre collaborato con i medici e gli altri professionisti sanitari nell’assistenza nutrizionale del paziente, in piena autonomia – riconosciuta a tutte le Professioni Sanitarie dalla legge n. 251/2000 – e per gli aspetti di propria competenza. In ambito di salute pubblica, invece, molti dietisti sono impegnati nei servizi territoriali e di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN) delle ASL, così come negli enti locali; si occupano di prevenzione e promozione della salute, politiche alimentari, indagini epidemiologiche, programmazione e monitoraggio dei servizi di ristorazione collettiva, settore che vede i dietisti impegnati anche – e sempre di più – nel settore privato, con responsabilità connesse alla programmazione ed al monitoraggio (menu, diete speciali, ecc..), alla gestione ed alla formazione del personale.

In Gran Bretagna il dietista ha un ruolo importante e bene definito. E’ l’unico professionista che può trattare direttamente i pazienti dal punto di vista dietetico. Che differenza c’è con l’omologa figura italiana?

Il percorso formativo dei colleghi inglesi è sovrapponibile a quello italiano, con una laurea di I livello (il cosiddetto Bachelor degree), un periodo di tirocinio e diverse opportunità di formazione post lauream. I dietisti inglesi hanno però un titolo protetto dalla legge, attraverso una registrazione presso l’Health & Care Profession Council (HCPC). Il nutrizionista in Inghilterra ha invece una formazione eterogenea, derivante da percorsi formativi in ambito nutrizionale vari ed anche molto diversi. Il titolo di nutrizionista, inoltre, non è protetto dalla legge (esiste una registrazione volontaria presso l’Association for Nutrition – AFN). Ciò che è sostanzialmente differente, nel Regno Unito così come nella quasi totalità dei paesi europei ed extraeuropei, è la netta distinzione dei ruoli: i dietisti si occupano di nutrizione e dietetica del singolo e della popolazione in ambito clinico (clinical dietitian), di salute pubblica (public health dietitian) e di ristorazione comunitaria (administrative dietitian), mentre le attività dei nutrizionisti sono circoscritte al mondo della ricerca, della salute pubblica e delle politiche alimentari, delle aziende ed industrie alimentari e/o farmaceutiche.

Quando è comparsa in Italia la nuova figura del biologo nutrizionista? Cosa pensa l’ANDID in proposito?

ANDID non vuole negare il ruolo che altri professionisti, tra cui i biologi, possano svolgere nell’ambito della così vasta e complessa disciplina della scienza della nutrizione.

e.

C’è però una notevole differenza tra i vari percorsi universitari in ambito nutrizionale ed il percorso formativo di una professione sanitaria, come quella del dietista, che garantisce non solo l’acquisizione di conoscenze (teoria), ma anche e soprattutto delle competenze necessarie (pratica) alla “presa in carico” della salute delle persone. Non a caso, le lauree delle professioni sanitarie sono “a numero chiuso”: Regioni, Università e rappresentanti delle Professioni stabiliscono, ogni anno, il numero di studenti da ammettere nei diversi Corsi di Laurea (attraverso una prova preselettiva), e questo proprio per garantire la salute e la sicurezza della popolazione, dentro e fuori il Sistema Sanitario Nazionale, attraverso una proporzionata programmazione della formazione dei professionisti necessari ad occuparsene. Che garanzie pensiamo di dare quando a trattare cittadini sani e malati sono figure dalla formazione eterogenea, non programmata e non strutturata per rispondere ai loro bisogni? Pensiamo davvero che sia sufficiente invitare i professionisti ad “acquisire conoscenze e competenze post laurea” per rispondere in maniera appropriata e competente a tali bisogni? Non rischiamo, in questo modo, di trasmettere ed alimentare una visione della dietetica e della nutrizione semplicistica e scientificamente inappropriata, con ripercussioni negative sulla salute della popolazione? Perché è questo di cui stiamo parlando: della salute delle persone.

 

4 Commenti

  1. Chiedo lumi per la differenza tra dietologo e dietista.
    Possibile che in Italia ci siano due figure uguali con gli stessi riconoscimenti legali e professionali, ma con percorso formativo parallelo e diverso?

    • Il dietologo è un medico che dopo la laurea ha ottenuto la Specializzazione in un Scienze dell’Alimentazione, il dietista ha una laurea triennale in Dietistica. I percorsi professionali sono quindi diversi e diversa è anche l’autonomia professionale.

  2. Accidenti che confusione! il termine dietologo non esiste. Esiste lo Specialista in Scienza dell’Alimentazione (specialità di medicina) a cui possono accedere laureati quinquennali come Medici e Biologi. Il Biologo però può esercitare la professione di Biologo Nutrizionista subito dopo la laurea (che gli permette di occuparsi di nutrizione UMANA, ANIMALE e VEGETALE).
    Il termine Nutrizionista viene dichiarato dall’Ordine dei Biologi in seguito all’Iscrizione all’Albo Nazionale. Medico e Biologo sviluppano diete in totale autonomia.
    Il Dietista si laurea dopo tre anni ed ha bisogno di una prescrizione medica per sviluppare il programma nutrizionale.
    Per questa differenza, Medici e Biologi svolgono anche consulenze aziendali sulla Sicurezza, Igiene, Microbiologia, HACCP.

  3. Mi sembra che questo articolo sia un po’ di parte, non si leggono testimonianze a supporto dei biologi, sembra quasi che “i poveri dietisti vengono spodestati da questi biologi incompetenti e ultimi arrivati”. Non stiamo facendo una gara.

    Alcune precisazioni:

    I biologi hanno dovuto sostenere il test d’ingresso per poter accedere alla facoltà, perché a numero chiuso (non concesso che questo numero chiuso sia una garanzia). Ritengo, comunque, molto poco attendibile lasciare a un test il compito di decidere chi è o non è adatto a frequentare una facoltà, questo perché le domande chiuse non danno modo di esprimere le conoscenze di colui che risponde e la maggior parte delle volte sono “trabocchetto”.
    Poi tra quelli che passano ci sono gli studenti che si impegnano e quelli che invece impiegano 6 anni per concludere una laurea triennale o che abbandonano dopo qualche mese perché capiscono che “l’università non fa per loro”, facendo perdere il posto alle persone che erano e sono convinte di quello che vogliono fare nella vita. Per non parlare di quei medici che, essendo tali, hanno superato il test di medicina hanno fatto tutti i loro anni di studio, si specializzano in scienza dell’ alimentazione e non sono in grado di diagnosticare un diabete di tipo 1 e lo scambiano per DCA mandando la bambina in coma ipoglicemico, nonostante siano passati “attraverso una prova preselettiva”. Comunque tutti sbagliano.

    Non sto dicendo che tutti i biologi nutrizionisti, invece, siano impeccabili, anche in questo caso non si può far di tutta l’erba un fascio.
    I biologi nutrizionisti non sono degli incompetenti o figure “meno professionali” di altre, perché studiano anche loro: hanno 3 anni in cui si formano le basi di chimica e biochimica, di fisiologia e patologia su cui costruire tutta la parte che riguarda la nutrizione (scienza che studia tutto ciò che si origina dalla digestione degli alimenti e tutti i processi di assorbimento).

    Non riesco davvero a capire dove sia il problema, il punto è che tutte le figure professionali, che lavorino o meno nel campo della sanità, devo essere figure preparate e che garantiscano il meglio al cittadino che si presenta davanti al loro ufficio, ambulatorio o studio.
    Ciò che non si dovrebbe fare è lottare gli uni contro gli altri per paura di perdere il lavoro. L’obbiettivo comune, non dimenticate, è il benessere della popolazione e non chi fa più soldi. Casomai la lotta dovrebbe essere fatta insieme contro chi spaccia rimedi miracolosi (che sia biologo, dietista o medico, perché nessuno è Dio) o contro il marketing e l’idea di guadagnare a tutti costi rifilandoci alimenti che sono pieni di contaminanti chimici, interferenti endocrini e chi più ne ha più ne metta.

    Qui invece si perde tempo a stabilire chi è più bravo tra dietisti, medici e biologi.

    Il più bravo è chi ha passione.
    Chiara, futura biologa

     

    Dal Fatto Alimentare ©

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Medico Nutrizionista Clinico, Food Politics. Diet-debunker.

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