Dietidea la dieta del riso Scotti promossa dal dietologo Sorrentino e bocciata da ANSISA
E’ strano che un dietologo si faccia promotore e testimonial di un prodotto commerciale.
E’ stata chiesto ad ANSISA di esprimere un parere su questo regime alimentare che viene proposto indifferentemente alla popolazione generale.
Il giudizio è stato negativo:
By permission del Fatto Alimentare ©
La dieta del Riso Scotti del prof. Sorrentino non garantisce il fabbisogno energetico e può causare problemi. Così dice Ansisa
Di Sara Rossi
Una lettrice ci scrive: da alcuni giorni viene pubblicizzata in televisione la dieta del riso “Dietidea“, frutto della collaborazione tra il dietologo Nicola Sorrentino e l’azienda produttrice del famoso riso Scotti. Per seguire la dieta, bisogna comprare un kit valido per una settimana che costa 189 €. Il testimonial della campagna è un noto dietologo autore di 15 libri, tra questi “La dieta dei Vip”(2005), “Siamo gonfi, non siamo grassi, pancia piatta, gambe sgonfie…” (2019). Anche io sono un medico specialista in Scienza dell’alimentazione e ho rilevato nello schema diversi elementi che destano qualche perplessità a livello scientifico (la proposta di 1000 kcal per le donne e 1300 kcal per gli uomini, la presenza di definizioni fuorvianti quali “detox” e consigli improbabili come la frase “adatta a soggetti con Body mas index >18.5”). L’altra questione anomala è che un medico supporti con il suo nome e la sua immagine un kit dimagrante promosso dalla Riso Scotti. L’articolo 57 del codice di deontologia , a cui tutti i medici si debbono uniformare, è molto chiaro quando vieta il patrocinio a fini commerciali (“Il medico singolo o componente di associazioni scientifiche o professionali non concede patrocinio a forme di pubblicità promozionali finalizzate a favorire la commercializzazione di prodotti sanitari o di qualsivoglia altra natura”). Silvia M (medico specialista in Scienza dell’alimentazione)
Per rispondere abbiamo chiesto un parere ad Ansisa (Associazione nazionale specialisti in scienza dell’alimentazione) che così ha risposto alle nostre domande.
È corretto proporre una dieta standard per la popolazione generale di 1000 kcal per le donne e 1300 kcal per gli uomini?
Ogni persona ha un proprio fabbisogno energetico, che dipende da fattori come l’età, il sesso, il peso, la composizione corporea, lo stile di vita nonché lo stato di salute o di malattia. Il fabbisogno energetico è definito come l’apporto di energia di origine alimentare necessario a compensare il dispendio energetico dell’individuo, che a sua volta dipende da fattori come l’energia utilizzata per le attività quotidiana, l’attività fisica e il metabolismo basale. Quest’ultimo costituisce più della metà dell’energia spesa giornalmente (60-70% circa) per sostenere le funzioni vitali dell’organismo in condizioni di riposo (respirazione, circolazione, attività cerebrale…) e dipende non solo dal sesso, ma anche e soprattutto dall’età, dal peso, dalla composizione corporea, dallo stile di vita e dallo stato di salute o di malattia. Secondo le tabelle dei Larn relative ai Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed Energia per la popolazione italiana, il metabolismo basale, cioè la quota indispensabile a sostenere le funzioni vitali, varia da 1240 a 1690 kcal per le femmine e da 1450 a 1910 kcal per i maschi. Proporre una dieta di 1000 kcal per le donne e 1300 kcal per gli uomini, significa non garantire il fabbisogno energetico di base. Una dieta così restrittiva, quando ritenuta necessaria per gravi motivi di salute, dovrebbe sempre derivare da una prescrizione specialistica e il paziente dovrebbe essere sempre attentamente monitorato in ambiente medico.
Quali problemi può causare un apporto energetico al di sotto del metabolismo basale ?
Un apporto energetico così ridotto può portare a un rapido calo ponderale, ma crea qualche problema perché non soddisfa il fabbisogno di macro e micronutrienti (col rischio di sviluppare stati carenziali), e causare una significativa riduzione del metabolismo basale. Questo vuol dire che la persona consuma le riserve più facili da reperire come le proteine muscolari, riducendo la massa cellulare attiva, ed entra in una modalità “protettiva” di “risparmio energetico” (motivo per cui diventa più semplice riacquistare velocemente il peso perso quando si termina la dieta). Cercare di perdere velocemente peso per la cosiddetta “prova costume”, è un errore che può comportare un danno alla salute anche in persone adulte sane. Se poi questa pratica viene messa in atto da adolescenti, anziani, sportivi o persone con carenze di ferro, calcio e vitamina D, o donne in gravidanza e puerperio, allattamento…si può arrivare a causare stati conclamati di malattia.
La dieta viene definita detox, ma cosa significa in realtà questa parola?
Si tratta di un termine molto usato negli ultimi anni, che sottintende l’eliminazione delle tossine dal corpo. In realtà in ambito scientifico, non esistono studi seri che dimostrino un reale effetto “detossificante” e la certezza che queste pratiche siano sicure per la salute. Potrebbero far male (J Hum Nutr Diet. 2015;28(6):675-86). Il detox è un concetto basato sull’idea che le sostanze si possano catalogare in buone e cattive, indipendentemente dalle dosi e/o dalla loro esposizione. Questo concetto può creare comportamenti alimentari scorretti e predisporre le persone più vulnerabili a sviluppare un rapporto sbagliato con il cibo, andando incontro anche a carenze nutrizionale importanti. Il modello alimentare detox spesso è poco variato e qualitativamente molto scarso, essendo povero di alimenti ad elevato valore nutrizionale, e quindi non in grado di soddisfare il fabbisogno energetico e di macronutrienti necessari per stare bene e in salute.
Ci sono persone in cui indicazioni alimentari di questo tipo potrebbero causare effetti negativi come il rischio di sviluppare disturbi del comportamento alimentare?
La prevenzione dei disturbi del comportamento alimentare si fa evitando regimi dietetici rigidi e favorendo un approccio flessibile dove non ci sono cibi “buoni” o “cattivi” e visioni opposte come “ho successo nel fare la dieta” oppure “ho fallito”. Molte delle persone affette da anoressia nervosa o bulimia nervosa hanno iniziato con le pratiche dietetiche restrittive. Dopo una restrizione calorica aumenta il rischio di abbuffate. Diete troppo rigide con privazioni eccessive, nel momento in cui si infrangono le regole, favoriscono una perdita del controllo su ciò che mangiano (Restraint Theory) e questo può spiegare sia la difficoltà a mantenere il calo ponderale che il rischio di disturbi alimentari.
Qual è la posizione di Ansisa?
Ansisa ha da sempre sostenuto che la prescrizione deve essere basata su solidi fondamenti scientifici ed etici. Una dieta corretta è una procedura terapeutica che può migliorare lo stato di salute ed è un potente mezzo di cura e prevenzione. Si tratta di una terapia che deve essere associata a una corretta valutazione della persona. È quindi necessario valutare l’età, lo stato di salute anche attraverso esami ematochimici e valutazioni della composizione corporea, il tipo di attività fisica, eventuali condizioni di stress psicofisico, motivazioni, ecc…: Stiamo parlando di interventi personalizzati. Una dieta non è un “prodotto” che si possa acquistare al supermercato, per questo l’autoprescrizione e le diete “fai da te” possono non corrispondere a caratteristiche di sicurezza. Secondo i recenti dati e le acquisizioni di base sulla ricerca psicobiologia della nutrizione è ragionevole ipotizzare che qualsiasi dieta autogestita e restrittiva, possa esporre soggetti, già psicologicamente predisposti a ulteriori rischi di sviluppare un disturbo del comportamento alimentare. Sostenere che sia corretto e salutare affrontare una rigida restrizione alimentare in modo sporadico, finalizzando l’operazione a risultati prevalentemente estetici o “disintossicanti”, può mettere a rischio le persone. Il metodo migliore per ottenere una buona forma fisica è adottare un costante e corretto stile nutrizionale nel tempo associato al movimento.
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Dopo meno di un mese l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria censura la stessa pubblicità perché ingannevole.
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